Corpo e mente sono indissolubilmente legati, anche se c’è spesso la tendenza a credere il contrario , spesso esiste una visione disgiunta , di separazione, tra le emozioni e la ragione, tra il giusto e lo sbagliato, tra il piacere e il dolore…
Secondo lo yoga è proprio questa separazione che crea attaccamento e sofferenze, in quanto questa visione dualistica ci spinge a creare attaccamento per il piacere e ad allontanarci dal dolore e dal dispiacere.
Yoga significa unire, legare insieme forze opposte, per capire la molteplicità e riportarla all’Unione, meditare significa curare la mente, riportandola insieme al corpo all’Unità.
Nello yoga pratichiamo le asana, cioè posizioni nelle quali il corpo richiede di allungarsi, di modificarsi, le asana richiedono , uno sforzo(retto sforzo) che non è solo uno sforzo fisico relativo alla muscolatura, ma ha a che fare con la mente, la quale fa di tutto per cercare di allontanarci da questo sforzo e riportarci nella nostra zona di “confort” .
Solo accettando il retto sforzo possiamo osservare come piano piano il corpo inizia a trasformarsi, le sensazioni mutano e da dolorose diventano piacevoli.
Restare nelle sensazioni spiacevoli senza reagire automaticamente ti permette di conoscere i meccanismi mentali e di scoprire cosa esiste oltre.
Osservare cosa accade durante le asana ti aiuta ad entrare in contatto con te stesso a percepire le connessioni e la possibilità di modificazioni graduali, durante la pratica yoga possiamo introdurre la Mindfulness, focalizzandoci sulle sensazioni, quelle piacevoli, quelle spiacevoli, per osservare tutto ciò che emerge.
Chiediti cosa succede quando sono in una posizione “comoda”, quali senti emergono, quali sensazioni fisiche e quando invece sono in una una posizione “scomoda”?
Se impari ad osservare le sensazioni spiacevoli che emergeranno durante la pratica yoga, attraverso il dolore fisico potrai avere un un accesso a quello psichico, avrai un accesso dove ciò cha hai rimosso potrà riapparire nel presente, con immagini, sensazioni, ricordi che adesso ci concediamo di far affiorare.
Quando facciamo yoga e facciamo uno “sforzo”, in modo adeguato ci allontaniamo dal dualismo piacevole-spiacevole.
Questo ci riconduce al concetto di “viriya” (energia, forza, coraggio) ci porta a esaminare il ruolo dello sforzo nella pratica spirituale. Lo sforzo è l’investimento di energia per raggiungere un obiettivo, ma può diventare sbagliato quando viene applicato in modo forzato invece di essere un rilassamento mentale. Esso, diventa controproducente quando l’attenzione rimane sull’aspettativa di guadagno invece di essere aperti e ricettivi a ciò che già c’è.
Se la mente è tesa o eccessivamente rilassata, bisogna regolare lo sforzo di conseguenza, la coltivazione del viriya richiede un equilibrio sottile tra sforzo e rilassamento.
Solo tu puoi decidere di affrontare questo sforzo, di affrontare in modo equilibrato i dolori e gli attriti che ti invia il corpo durante la pratica, al fine di perseguire un’azione disinteressata.
Nella ricerca dell’Unità, puoi riportare l’osservazione anche alla vita quotidiana, così da diventare sempre più esperto nel riconoscere i fenomeni emotivi che si sviluppano in te durante la giornata, nel riconoscere i tuoi automatismi, per riuscire a non assecondarli
Saper riconoscere le proprie emozioni e le proprie reazioni automatiche, ti insegna a non identificarti con le emozioni stesse e ti porta verso la liberazione da queste reazioni, quindi nel dualismo piacere -dispiace. corpo-mente, sforzo-rilassamento, non separare, ma accogli e comprendi.
Il prendere coscienza di questo dualismo produce un’energia e se riesci a coglierla, imparerai con il tempo anche ad usarla.